Casi e Giurisprudenza - 29 Dicembre 2017

La banca che inizia o prosegue una procedura esecutiva nei confronti del fallito deve insinuarsi al passivo

L’art. 51 della legge fallimentare, rubricato “Divieto di azioni esecutive e cautelari individuali”, prevede che: “Salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento”.

Al divieto di azioni esecutive, vi sono, tuttavia, delle eccezioni.

In merito al particolare caso dell’esecuzione immobiliare intrapresa da una banca nei confronti di un debitore, fallito nelle more di un procedimento forzoso diretto alla vendita di un immobile sul quale era stata iscritta ipoteca a garanzia di finanziamenti fondiari, quest’ultima potrà senz’altro essere proseguita dall’istituto anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore (Art. 41 TUB).
La banca ha, quindi, il particolare potere di iniziare o proseguire un’azione esecutiva individuale anche in costanza di fallimento, ovvero di intervenire nell’esecuzione forzata promossa da altri, e di conseguire l’assegnazione della somma ricavata dalla vendita forzata, senza obbligo di rimetterla al Curatore (unico legittimato a dare impulso e a proseguire le procedure esecutive pendenti a seguito dell’intervenuto fallimento della società debitrice – si veda Art. 41 TUB, il quale potrà comunque intervenire).
Tuttavia, le attribuzioni che il creditore fondiario riceve a qualunque titolo devono essere sempre raffrontate con le posizioni creditorie vantate in sede fallimentare dagli altri creditori.
Ed infatti il coordinamento fra la possibilità di proseguire l’esecuzione individuale e la tutela dei creditori del fallito è assicurato proprio dalla natura provvisoria dell’assegnazione in sede esecutiva e Del conseguente onere d’insinuarsi al passivo del fallimento “per conservare il risultato dell’esecuzione privilegiata” (Cass. 6738/2014).

Se è, quindi, vero che il creditore fondiario non dovrà attendere la formazione del piano di riparto fallimentare e potrà conseguire il suo avere immediatamente, ciò avverrà solo in via provvisoria e salva parziale restituzione.
Quanto immediatamente ricevuto dal creditore fondiario in esito all’esecuzione individuale, infatti, non potrà mai ritenersi acquisito a titolo definitivo, non potendosi la banca sottrarre alle regole della “par condicio creditorum”; soltanto all’esito del riparto si renderà definitiva l’acquisizione.

La Corte di Cassazione, con plurime pronunce, ha in sostanza escluso che l’eccezione prevista dalla disciplina speciale sul credito fondiario possa condurre ad una deroga del principio di esclusività della verifica fallimentare posto dall’art. 52 della legge fallimentare (Cass. n. 15606/2014; Cass. n. 13996/2008; Cass. n. 8609/2007; Cass. n. 11014/2007; S.S.U.U. n. 23572/2004).

In conclusione, ove la banca non abbia adempiuto al suo specifico onere di insinuarsi al passivo del fallimento, il curatore potrà, e dovrà, chiedere all’istituto il versamento dell’importo provvisoriamente assegnato dal Giudice dell’Esecuzione.

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